Messaggio n. 1 | Autore: Aldo Sardoni | ||
inviato il 16-03-2012 |
La comunicazione medico paziente può curare o ferire. ... talvolta .... spesso ...... può uccidere psicologicamente. Caro Alessandro , un incipit che farò mio come sintesi della battaglia che Bianco Airone pazienti onlus combatte da anni. Iddio ti benedica aldo | ||
Messaggio n. 2 | Autore: ML | ||
inviato il 29-02-2012 |
Carissimo, anche a me è piaciuto il tuo libro, come accade sempre per i tuoi scritti. Mi sono solo detta, quando accadrà a me di ammalarmi sarà un disastro perché non avrò illusioni. Secondo me sono le illusioni alla base della nostra qualità di vita, quando togli tutto l’immaginario il resto è disperazione. Se Carlo non si fosse illuso, la sua qualità di vita terminale non sarebbe stata quella soddisfacente che fortunatamente è stata. Senza un gioco delle parti incoraggiante nulla ha più senso, di certo non avrei potuto regalargli l’ultima vacanza ad Ischia, io stessa NON AVREI POTUTO BLEFFARE, a che serve curarsi quando non c’è speranza?! E’ per questo che la scuola di pensiero che vuole il paziente informato nei dettagli mi sembra una grande sciocchezza, UNO SCARICARSI DI RESPONSABILITA’, UN ABBANDONO E UNA RINUCCIA!!! Ovviamente è tutto soggettivo, io spero di morire d’infarto, in poltrona, dopo aver pranzato, come mio padre. Non come mia madre dopo sette mesi di letto per tumore al fegato, intestino ecc… | ||
Messaggio n. 3 | Autore: Mauro | ||
inviato il 01-02-2012 |
Caro Alessandro complice una ‘prova’ saltata’ per l’influenza del nostro batterista ho il tempo di mantenere, tardivamente, la promessa di inviarTi una piccola riflessione sul libro che hai pubblicato con il dr Scanni Il Nostro Comunicare. Tardiva perchè ci ho messo un po’. La prima volta che ho aperto il libro dopo poche pagine l’ho richiuso, non riuscivo ad andare avanti. Non era la prosa e neanche l’argomento ero io che non riuscivo ad avanzare. Credo sia l’età e la consapevolezza di essere definitivamente entrato nelle aree a rischio di quasi tutte le malattie, tumori compresi. La lettura mi imponeva una censura a riflettermi nel ruolo di un possibile destinatario della comunicazione, una condizione certamente non augurabile ma maledettamente possibile. Non riuscivo ad essere il termine di confronto un possibile colloquio. ‘Se dovessi avere un tumore questo è quello che passa dalla testa del medico che ho di fronte?’. Così il libro è rimasto in biblioteca nello scaffale basso per una altra opportunità di lettura. Non c’era giudizio era solo che non riuscivo… Ho provato a riprenderlo in mano forte di pensiero e di una osservazione che mi ha subito colpito andando a lavorare in Ematologia. Il pensiero è che se queste parole, questo ‘Vostro comunicare’ mi ha così agito allora c’è qualcosa di forte in me e in…Voi. L’osservazione è quella, ma forse sbaglio, di non avere trovato una analoga tensione a presidiare la parola da parte degli Ematologi. Eppure di analoghi disastri si tratta di medesime sconfitte, forse di qualche curva più piatta. Un antropologo magari freudiano (sic!) la prenderebbe un po’ alla larga e potrebbe dire: “Il Tumore, il Cancro nella loro maschia, concreta sfida alla vita è capace altresì di evocare ogni altra genuina capacità di fronteggiarla, con armi di ogni tipo senza rinunciare a nulla neanche al sincero confidare nella nuda parola. La L e u c e m i a è troppo suadente è di una femminilità infiltrante, quando linfoide e dolce quando mieloide. Non pare neanche una malattia. Come ogni femmina lascia tracce abbondanti dietro di sé: forme, recettori, filamenti, markers di ogni tipo, tutti perfettamente visibili al microscopio…L’ematologo appare sovrabbondante, sicuro, agghindato, piacevolmente neutro, poco incline a specchiarsi. Suo il regno della Risposta Completa ad una domanda certa. L’oncologo non può che darsi una piccola difesa imitativa trasformando un terribile Cancro in una consolante…lesione ”. Pensiero ed osservazione mi hanno portato quindi a riprendere il libro e ciò che più mi sento di dire è di rilevare un grande atto di generosità umana e intellettuale. Ho trovato poca retorica nella scrittura, scrittura non nuova ma comunque rara nei contenuti e assolutamente necessaria per un ripensamento della medicina. Un piccolo grande atto di umiltà, un sforzo etnografico, un balsamo per l’autore-medico, utile a sé stesso chiamato a lenire la sofferenza creata dal transito dei tanti dolori, delle tante confusioni, utile ad intendere sguardi, mani sudate, parole che incespicano. Il chiave espositiva transgenerazionale mi è sembrata calzante non fosse altro per stabilire che tolta una variabilità individuale mi siete apparsi sostanzialmente allineati senza grandi discontinuità. Il tema della comunicazione della diagnosi ad esempio sebbene in evoluzione, conservi qui un atteggiamento latino come atteggiamento ancora prevalente. Seppure troppo distante dal fronte per essere un buon critico del Vostro lavoro a me ‘Il Nostro Comunicare’ pare una utile testimonianza che agita le acque di ottimismi di maniera ma ancora di più precipita la sicumera terapeutica nel più grande e negato dei bisogni contemporanei, quello di essere ascoltati e non solo se malati. Un affettuoso saluto | ||
Messaggio n. 4 | Autore: Carletto | ||
inviato il 23-09-2011 |
Aspetto la presentazione! |